venerdì 26 giugno 2009

La RAI devota a Berlusconi | ItaliaDall'Estero

[Le soir]

Italia: Silenzio sugli “affari”

“In questa storia di cene e feste nelle abitazioni private di Silvio Berlusconi, piena di allusioni, di testimonanze più o meno credibili e di rancori personali, non ci sono notizie certe. Né, tanto meno, un’ipotesi di reato che riguardi il Primo ministro e i suoi collaboratori”. Il direttore del telegiornale del primo canale del servizio pubblico italiano, la RAI, si é così giustificato, lunedì sera, durante il TG delle 20h. Obiettivo: spiegare perché Raiuno aveva completamente ignorato, per più giorni, le nuove rivelazioni sugli scandali che riguardano Silvio Berlusconi e uno dei suoi amici, un imprenditore di Bari. Con, al centro delle rivelazioni, l’organizzazione di una vera e propria rete di prostituzione.

“Semplice gossip”

Questo silenzio totale voluto da Augusto Minzolini, nominato alla direzione del TG più visto del paese lo scorso 20 maggio, appare tanto più assurdo che tutta la stampa italiana e ancor più i media stranieri non parlano d’altro che di Patrizia D’Addario e “dell’inchiesta di Bari”. Iniziata da una storia di tangenti nel settore sanitario, era esplosa grazie ad intercettazioni telefoniche (che un nuovo progetto di legge molto discusso vorrebbe impedire!) sulle testimonianze della donna, con registrazioni e foto alla mano.

Quest’eccesso di zelo del nuovo direttore, che ha completamente ignorato quello che lui chiama “semplice gossip e niente di più”, era diventato ingombrante a tal punto che il direttore della RAI, Paolo Garimberti, l’aveva convocato lunedì mattina per ricordargli che un servizio pubblico ha il dovere di informare. Soprattutto in Italia, dove si sa che una buona parte della popolazione non legge alcun quotidiano e si accontenta delle informazioni date dalle televisioni! Per questo motivo qualche ora dopo Minzolini ha dichiarato ai telespettatori attoniti che non parlando loro di tutti questi pettegolezzi li aveva in realtà protetti ed informati. Dai pettegolezzi, ha aggiunto, che “il circo mediatico trasforma in informazioni a scopi politici o per interesse economico. È la linea di condotta che vi avevo promesso e che continuerò a mantenere”.
Il presidente della RAI, Paolo Garimberti - giornalista stimato che proviene dal gruppo di Repubblica, tanto odiato da Silvio Berlusconi- e anche lui appena nominato, sottometterà il caso Minzolini al consiglio d’amministrazione della RAI che si riunirà questo mercoledì e che rischia di essere particolarmente animato.

[Articolo originale "La RAI fait du zèle pour Berlusconi " di LUKSIC,VANJA]


ItaliaDall'Estero

martedì 8 gennaio 2008

Pecoraro Scanio e l'esercito

Corriere della Sera ........

Il ministro Alfonso Pecoraro Scanio sorrideva felice con i collaboratori, l'altra sera, alla fine di Porta a Porta: «Allora, come sono andato? ». «Inguardabile» scrive sul suo blog Peppino Caldarola, ex direttore dell'Unità; «al confronto, Bobo Maroni pareva Churchill».
Per un giorno, l'opposizione si ricompatta. L'Udc parla di «deprimente performance»;
Forza Italia di «eroe della sceneggiata napoletana », «figura pietosa», «recita indecorosa ». Cicchitto lo sopravvaluta: «Pecoraro è un pericolo per l'Italia».
Casini lo sfida «a un confronto pubblico, preferibilmente a Napoli».
Lo criticano Di Pietro e Europa, il giornale della Margherita.
Caldarola, implacabile: «Non riesce a prendere sul serio neppure le tragedie. E' ilare.
Come quelli che si danno di gomito e ridono ai funerali». In effetti, Pecoraro fu fotografato sorridente in chiesa, nel maggio 2006, al funerale di tre caduti a Nassiriya.
Una specie di maledizione.
Mentre, la notte del 23 settembre scorso, a New York Prodi e D'Alema concordavano il blitz per liberare gli agenti segreti in mano ai talebani, nello stesso grattacielo lui veniva beccato dall'inviato del Corriere Maurizio Caprara «in uscita dal 27˚ piano dell'hotel Millenium, dove c'è una cinematografica piscina sospesa tra le luci della Grande Mela».

Anche in occasione dell'emergenza rifiuti, il ministro dell'Ambiente è stato sfortunato.
Un capro espiatorio. «Iniziamo a smaltire questi due» titola Il Giornale sopra la foto di Bassolino in giacca e cravatta e di Pecoraro descamisado.
Ma, se il governatore ha forse responsabilità più gravi, la sua caduta ha un'aura di grandezza, viene ricondotta al filone delle tragedie napoletane, è raccontata come un Rinascimento tradito; Pecoraro viene liquidato, certo ingiustamente, come un epigono minore di Mario Merola.
Un poco è anche colpa sua.
L'uomo che ora vuol muovere l'esercito, sino a poco fa capeggiava o difendeva le truppe avverse. «Insieme ci siamo battuti come leoni» si inteneriva Tommaso Sodano, battagliero parlamentare di Rifondazione.
No agli inceneritori. No al decreto del governo per istituire quattro nuove discariche. No in particolare alla discarica di Serre («ma era vicina a un'oasi del Wwf! E poi ho trovato un'alternativa, a Macchia Soprana! » si difende Pecoraro).
No alle cariche per liberare i blocchi stradali (era il maggio 2007: «Amato sbaglia, si torni al dialogo»).
E poi: no al vertice Nato a Napoli, e dulcis in fundo forse il provvedimento più ridicolo, che dimostra come i Verdi si limitano ad una militanza di facciata: No al fumo nei parchi napoletani, se nel raggio visuale del fumatore compaiono bambini o donne incinte (non sarà eccessivo in una città avvelenata dall'immondizia?
«Macché; il divieto coniuga ambiente e tutela della salute »). Ancora: no agli ogm.

No all'intervento italiano in Afghanistan nel 2001. No ovviamente al ponte sullo Stretto e al tunnel della Valsusa. Ma no pure alla pesca del tonno rosso e all'albero di Natale («basta tagliare abeti; meglio quelli sintetici, oppure il presepe. Napoletano»). «Bello, moro e dice sempre no» titolò La Stampa. Eppure di sì ne ha detti molti. Sì alla nomina a «patrono del pesce azzurro» del neomelodico Gigi D'Alessio, e a subcomissario per i rifiuti di Claudio De Biasio, prontamente arrestato («veramente mi ero limitato a inserirlo in una rosa di nomi...»). In Parlamento si è battuto per la creazione del museo del mandolino, di una lotteria da abbinare al festival di Sorrento, di una cattedra di agraria a Cassino.
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E poi per il contratto degli operatori shiatsu, in difesa dei pit-bull, contro la sparizione dei gelati Algida nel Napoletano, «forse a opera della camorra». Suggerì di adottare in blocco le pecore sarde e di proclamare la pizza «patrimonio dell'umanità». «Sono ecologista fin dal liceo classico - spiegò - . Se si fa il bagno a via Caracciolo è merito nostro! E siamo stati noi, attraverso il ministro verde Gilberto Gil, a ottenere che il Brasile votasse in favore dei grandi cetacei!». Contestato è invece il noto episodio della visita da ministro dell'Agricoltura alla fattoria modello: «Che bella mucca!». Era un toro. Lui però nega: «Non è vero. E poi uno mica si china a controllare...». La grande fama venne con il coming- out, provocato da un memorabile corteo pre-Gay Pride sotto il ministero («Pecoraro vieni giù/ che sei frocio pure tu»). Lui la prese bene, e ammise la sua bisessualità. «Sono quelle cose che si dicevano a sedici anni, così, per fiutare un po' l'aria» scosse il capo Nichi Vendola. Poi Pecoraro precisò: «Sono un uomo mediterraneo che sente in sé la tradizione greco-romana». Infine, a Vanity Fair: «Da quando sono uscito allo scoperto, con le donne acchiappo di più». Marina Ripa di Meana assentì: «Aspetto epico da ragazzo di vita pasoliniano; riccetti neri, occhi malandrini, parola abrasiva; dopo mezz'ora, il più delle volte si è diventati amiconi di Pecoraro Scanio». Ha cantato a Sanremo, ballato a Furore, fatto un coro con Alessandra Mussolini da Costanzo. Si è anche esibito con Aida Yespica al Bagaglino; come quasi tutti i politici, però. Originale fu invece la torta per il compleanno di Tangentopoli, offerta davanti a Montecitorio con al posto della ciliegina un paio di manette; seguì festa al Gilda on the Beach, con Pecoraro che saliva su un cammello incitando: «Ad Hammamet!». Suo il primato di dichiarazioni all'Ansa: 2627, come da complesso calcolo aggiornato a tre anni fa. Nella classifica di Porta a Porta, invece, è secondo: con oltre cinquanta apparizioni, tallona Bertinotti. «E' che io funziono si è schermito lui - . Dicono che sia vanitoso; è vero, ma a modo mio. La mia vanità non è nell'apparire; è nel persuadere. Conquistare le anime e le intelligenze, vedere l'interlocutore battuto, l'ascoltatore sedotto: ecco la mia vanità». «Il fatto è - tagliò corto Vespa - che mentre altri fanno i difficili, ogni volta che invito Pecoraro, lui viene sempre». Nel «salotto» di Vespa Il governatore della Campania Bassolino e il ministro dell'Ambiente Pecoraro Scanio a «Porta a Porta»

lunedì 5 novembre 2007

Prima di entrare nei verdi devi sapere.

C'è una serie di cose che bisogna sapere prima di affrontare l'avventura con i ...erdi:

  1. Se dai uno sguardo alle istituzioni e come agiscono all'interno di esse scoprirai che Mastella è un signore.
  2. Hai un sogno ecologista? Scordatelo! Non stanno mica li a fare gli ecologisti? Credi questo? Bè allora rimarrai profondamente deluso, perchè i ...erdi usano l'ecologia come moneta di scambio per le loro poltrone. Mentre quel poveraccio di Mastella deve minacciare una crisi ogni 15 minuti, i ...erdi non ne hanno bisogno. Ad ogni misfatto ottengono poltrone. Fanno un po di manfrina per i fessi e tutto finisce li (vedi il caso Campania che è la Regione di A. P. Scanio). Questa tesi è confortata dal fatto che i Verdi con un elettorato che oscilla tra lo 0 e un bacio perugina e l'1% in Campania siedono alla Presidenza della Provincia Campania (Dino Di Palma), hanno un assessorato all'agricoltura (Francesco Borrelli) che non era candidato e chi mi aiuta a completare l'elenco perchè non ho tempo adesso mi fa una cosa davvero gradita (nei commenti).

Tutti gli uomini del ministro: consulenze a centinaia nei palazzi de "la casta"

Erano mille, erano giovani e forti e...son consulenti! E per la precisione, sono anche di più: 1253, numero che racchiude in sè una galassia infinitamente variegata, una costellazione di giornalisti, rettori, giuristi, webmaster, professori, avvocati e - ovviamente - "figli di" che, mese dopo mese, appesantiscono il già gravemente obeso bilancio dello Stato. Saldamente in testa nella classifica del "facciamo a chi ha più consulenti" figurano i ministri Rutelli e Pecoraro Scanio, rispettivamente con 436 e 344. Al confronto il tanto vituperato Mastella e l'integerrimo di Pietro, entrambi con zero consulenti, sono veramente dei "poveracci".

E' vero, per essere onesti bisogna dire che spesso i consulenti non sono altro che dipendenti sotto falso nome (il ministero dell'ambiente quando fu costituito non poteva assumere e risolse l'impasse con una poderosa infornata di contratti a termine) e bisogna altresì ricordare che molti dei consulenti i ministri se li ritrovano sul groppone grazie alla "generosità" dei ministri uscenti, che prima di levare le tende di solito rinnovano tutti i contratti.

Ma anche così...i nudi numeri fanno rabbia: i 5 consulenti (100mila euro l'anno) reclutati da Pecoraro Scanio per il suo gabinetto, gli 8 per i suoi sottosegretari, i 54 per la "protezione della natura", i 107 per la "ricerca ambientale", i 138 per la "difesa del suolo" (e la lista è ancora lunga)...stando a questi numeri l'Italia dovrebbe essere tutta un unico giardino, ubertoso di colori e di profumi...invece la realtà è sotto gli occhi di tutti. Qualunquismo? Forse, ma di nuovo fa rabbia scoprire come i fantomatici "esperti" (e qui non si parla solo di Pecoraro Scanio) lungi dall'essere veramente le persone più qualificate nel campo siano quasi sempre colleghi di partito del ministro di turno, quando non addirittura "figli di" un altro ministro (fin qui Mastella era risultato troppo integerrimo, allora citiamo un esempio per tutti: Pellegrino Mastella, "figlio di", consulente del ministero per le Attività produttive, incarico ufficiale "attività di collaborazione finalizzata all'approfondimento delle specificità dei modelli anglosassoni"). E ancora, fa rabbia la fumosità degli incarichi attribuiti: il sospetto - inevitabile - è che la nebulosità sia strategica, al fine di poter distribuire prebende senza una reale necessità e senza essere per questo criticabili.

Condiamo con un altro pizzico di qualunquismo? Ma sì (non guasta mai): un po' di economia e di sacrifici, anche lato ministri, non farebbe schifo a nessuno, tanto meno all'italico fiscalizzato popolo.

domenica 4 novembre 2007

344 consulenti ad Alfonso Pecoraro Scanio

Un giornalista di Repubblica pubblica sul portale online un certo reportage scomodo, e poco tempo dopo esso scompare inspiegabilmente dai server. Sfortunatamente, la Google cache sembrerebbe non aver fatto in tempo a salvarlo. Ma.........

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C'è un po' di tutto nell'elenco dei 1253 esperti e consulenti a libro paga del governo Prodi. Giuristi e ginnasti, generali e creativi, cinefili e professoresse, ambasciatori e webmaster, giornalisti e rettori, figli della Patria e figli di papà.

Sono 1253: una media di 48 esperti a dicastero, anche se questa - come tutte le statistiche - appiattisce una realtà dove ci sono ministri come Di Pietro e Mastella che dichiarano zero consulenti, e altri, come Rutelli, che con il loro elenco superano - da soli - un terzo del totale: 436.


Una Napolitano, Simona, nipote del presidente della Repubblica, è consulente del ministero dell'Ambiente (per 2800 euro al mese), incaricata di fornire "assistenza e consulenza riguardo le problematiche del settore giuridico e nel settore del diritto informatico, amministrativo e degli appalti pubblici".

Un Mastella, Pellegrino, figlio del Guardasigilli, è consulente del ministero per le Attività produttive con l'incarico di assicurare (per 2700 euro al mese) "attività di collaborazione finalizzata all'approfondimento delle specificità dei modelli anglosassoni".

E un Gambescia, figlio del deputato diessino Paolo, è consulente del ministro per l'Innovazione (1500 euro mensili) "per l'elaborazione e la verifica delle linee programmatiche relative al rapporto tra la pubblica amministrazione e il sistema delle imprese".

Non c'è invece - non ancora, perché il decreto non è stato ancora registrato dalla Corte dei conti - il nome di Angelo Rovati, che dopo essersi dimesso da consigliere di Prodi è stato riassunto una settimana fa come "esperto per il Kazakistan" (specializzazione tanto circoscritta quanto sorprendente).

Nessuno di questi 1253 consulenti diventerà ricco, con gli assegni staccati dal governo.

Ma il primo a essere convinto che queste spese siano eccessive è proprio il presidente del Consiglio, che ha appena firmato un decreto con il quale taglia di un terzo - a partire dal 2008 - la cifra destinata ai consulenti dell'esecutivo.

Certo, anche lui dovrà usare le forbici, visto che al momento la Presidenza del Consiglio conta 120 contratti di consulenza.

E di questi, solo sette - oltre a Renato Ruggiero - hanno accettato di collaborare in cambio di uno spartano rimborso spese.

Tutti gli altri vanno pagati, dai 6000 euro dei componenti del Comitato per la Biosicurezza ai 40 mila di Massimo La Salvia, inquadrato nel Dipartimento Risorse Umane.

I ministri Mastella e Di Pietro, che dichiarano di non avere consulenti al loro servizio, non dovranno tagliare nulla.

Né si potrà chiedere un sacrificio al Viminale, dove Giuliano Amato ha firmato un unico contratto di consulenza (con il professor Francesco Raiano: 30 mila euro annui), e tantomeno alla Difesa, dove Arturo Parisi ha ingaggiato un solo esperto (il dottor Andrea Grazioso, esperto di problematiche strategiche internazionali: 36 mila euro) più due per i suoi sottosegretari. Avranno poco da risparmiare anche il ministro del Lavoro, Damiano, e quello della Pubblica Istruzione, Fioroni, che hanno due consulenti a testa. Ma agli altri, qualche rinuncia potrà essere chiesta.

Prendiamo il ministero dell'Ambiente, che nel bilancio dello Stato pesa per la metà di quello delle Politiche agricole.

Eppure, mentre Paolo De Castro s'è accontentato di otto consulenti, Alfonso Pecoraro Scanio ne ha 344. Invece di averne la metà, ne ha quarantatré volte di più.

C'è un motivo, anzi ce ne sono tre. Il primo è, diciamo così, storico: quando nacque, il ministero (che allora si chiamava "dell'Ecologia") non poté fare nuove assunzioni, così fece un massiccio ricorso ai contratti a termine, cioè alle consulenze: è andata avanti così, dal 1987 a oggi, con il risultato che al ministero oggi il numero dei precari (1319) supera quello degli assunti (1255).

Poi c'è una ragione politica. I ministri dell'Ambiente hanno preso l'abitudine, prima di lasciare la poltrona, di rinnovare i contratti ai loro consulenti per altri quattro o cinque anni, così ogni ministro si ritrova in eredità i consulenti del suo precedessore: come quel Paolo Pontoni a cui il ministro Altero Matteoli, la vigilia di Natale del 2005 ha rinnovato un contratto di consulenza per cinque anni.

Non si sa se Pecoraro sarà ancora ministro, nel 2010, ma di sicuro Pontoni sarà ancora consulente: a 78 mila euro l'anno.

Poi, certo, Pecoraro ci ha messo del suo. Ingaggiando a 100 mila euro l'anno cinque consulenti per il suo gabinetto (tra cui il verde Sauro Turroni, trombato nel 2006). Più otto per i suoi sottosegretari.

Più sette per la Direzione Generale "Qualità della vita".

Più 54 per il servizio "Protezione della natura".

Più 107 per la "Ricerca ambientale".

Più 138 per la "Difesa del suolo".

Più 14 per la "Salvaguardia ambientale".

Più cinque dirigenti di fascia alta (in media 95 mila euro a testa).

Più sei consulenti - tra cui Rubbia - che, bontà loro, non vogliono un centesimo.

Totale, 344.

Ai quali bisogna aggiungere un'altra infornata di consulenti i cui decreti, firmati ad agosto, non sono ancora stati registrati.

Chi sono, i consulenti del ministro dell'Ambiente? Gli ecologisti, ovviamente. E dove si trovano la maggior parte degli ecologisti? Nei Verdi, partito che Pecoraro Scanio conosce benissimo, essendone il leader.

Ecco perché sono proprio dei Verdi, giusto per fare un esempio, 14 dei 20 componenti della segreteria tecnica per la Protezione della natura. Due su tre.

Una scelta, come dire?, naturale. Dovrà sicuramente tagliare nomi e compensi il ministero dei Beni Culturali, che oggi con i suoi 436 incarichi guida la classifica delle consulenze (però bisogna tener conto che vengono messi a carico di Rutelli i contratti stipulati dalle Sovrintendenze di tutta Italia per mostre, convegni ed esposizioni varie). La cifra più alta, 133.250 euro, è andata l'anno scorso alla società Arché, per la "catalogazione dei manoscritti della biblioteca nazionale universitaria di Torino danneggiati dall'incendio del 1904". Ovvero 103 anni fa: non è mai troppo tardi. Giusto per dare il buon esempio, un po' di economia potrebbe farla anche il ministro dell'Economia, Tommaso Padoa-Schioppa. Che oggi spende un milione 719 mila euro per i suoi 85 consulenti, una media di 20 mila euro a testa. E allo Sviluppo Economico, Pierluigi Bersani forse dovrà dare un'accorciatina alla sua lenzuolata di 69 consulenti (cominciando, magari, dal figlio di Mastella). Poi, certo, anche i ministri "senza portafoglio" (cioè senza fondi propri nel bilancio dello Stato) potrebbero rinunciare a qualche esperto. Emma Bonino, per dire, alle Politiche comunitarie ne ha per nove volte e mezza di quelli su cui può contare Massimo D'Alema. E se il ministro degli Esteri ha scelto come uno dei suoi quattro consulenti giusto il responsabile nazionale diessino degli Italiani all'estero, Norberto Lombardi (25 mila euro annui), la Bonino ha inserito un buon numero di radicali tra i suoi 38 esperti, a cominciare dall'avvocato del partito, Giuseppe Rossodivita, incaricato di studiare "problemi e prospettive intorno all'ipotesi di costituzione di una Procura europea". Problemi, prospettive, ipotesi: per 4000 euro al mese, si può fare. Del resto, così fan tutti. Neanche l'unico ministro di Rifondazione, Paolo Ferrero, ha saputo resistere alla tentazione di nominare due dei suoi tre esperti (Maria Teresa Rosito e Andrea Del Monaco, 45 mila euro l'anno) tra i compagni di partito. Il suo collega dei Trasporti, Alessandro Bianchi (Pdci), ha invece pescato tra i colleghi dell'università: tra i suoi 18 consulenti, ci sono sei professori e un rettore (ma il primo della lista è il responsabile nazionale Trasporti del Pdci, Eduardo Bruno). Forse, con un po' di buona volontà, si potrebbe eliminare qualche incarico dall'oggetto nebuloso. Il ministero per l'Attuazione del programma, per esempio, paga 2000 euro al mese a Sortito Casali per "l'analisi degli obiettivi del programma di governo, in relazione alla possibilità di una loro misurazione tramite indicatori di carattere quantitativo", e altri 1100 euro mensili a Simona Genovese, affinché fornisca una "analisi del programma di governo sia nei suoi aspetti giuridici sia in quelli di carattere operativo". Non si era mai visto, un governo che paga degli esperti per analizzare il suo stesso programma. Ma, come si dice, c'è sempre una prima volta. "